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12.02.2025
Articolo

Lo slang: dibattito aperto sulla lingua dei social

8 minuti

Quando ho cominciato ad approfondire il fenomeno dello slang di TikTok ero sicura che mi sarei ritrovata di fronte ad una serie di questioni interessanti, ma non così avvincenti e dibattute tra categorie diverse di persone. 

 

Mi aspettavo i classici video dal format “Millennial vs Gen z” oppure “Slang words everyone should know”, invece la mia ricerca si è diramata in direzioni impreviste. Ma proviamo a procedere con ordine.

Index
  1. Come definire questo gergo creativo? 

  2. Ma è davvero utile discutere di slang? 

  3. Dallo slang all’AAVE: linguaggio o appropriazione?

  4. Slang e identità: quando le parole creano comunità

  5. In che modo il marketing può farsi strada in questa giungla?

Come definire questo gergo creativo? 

Lo slang per come lo intendiamo è un linguaggio in continua evoluzioneadottato soprattutto dalle generazioni più giovani nelle comunicazioni quotidiane, ed è composto da una spolverata di espressioni informaliabbreviazioni inserite qui e là, fino ad arrivare a formule che colmano un gap lessicale. La terminologia utilizzata proviene da fonti come TikTok, ma anche il mondo del gaming sta assumendo una certa rilevanza in questo contesto.

Ho letto una lunga serie di articoli sul tema fino ad imbattermi in ricerche condotte nell’ambito della linguistica, ricche di tecnicismi e di storia.

Ad esempio Dumas e Lighter (nel 1978!) si sono chiesti quali fossero i criteri per poter riconoscere una parola slang, e si sono dati una risposta. Li ringraziamo per il loro servizio. Hanno infatti formulato quattro criteri molto utili per inquadrare il fenomeno dello slang. Parlano infatti di termini -con un basso grado di formalità, -considerati taboo, -dall’uso regolare, -che prevedano una familiarità speciale. 

Considerando che la data di pubblicazione degli scritti redatti dagli studiosi sopra citati è il 1978, è semplice comprendere che quando si parla di slang non si fa riferimento esclusivamente al mondo di TikTok: da ben prima dell’avvento dei social la lingua parlata prevedeva questo tipo di eccezioni, se così si possono definire. 

Ma è davvero utile discutere di slang? 

Una posizione provocatoria è quella di @etimologynerd, creator laureato in linguistica ad Harvard che sostiene che lo slang sia una fake. Afferma infatti che nella storia siano sempre convissuti pacificamente una serie di dialetti. Solamente quando è stata imposta una lingua ufficiale dalla classe dominante si è creata una gerarchia che prevedeva una lingua ufficiale e, un gradino più in basso, tutto il resto.

Secondo lo studioso dunque la lingua standard è solamente un costrutto, come anche lo slang: non vi è differenza sostanziale fra i due e non esiste nemmeno una definizione accettata di slang nell’ambito della linguistica. Niente dovrebbe essere considerato di minore dignità o estraneo alla lingua. Le sperimentazioni e le diversificazioni sono parte di essa.

Dallo slang all’AAVE: linguaggio o appropriazione?

In questo preciso punto, discutendo intorno alla dignità di un linguaggio, si apre una parentesi legata ad un dialetto specifico. Si tratta dell’AAVE, l’african american vernacular english, che presuppone una struttura semplificata delle frasi eliminandone alcune parti sintattiche come ad esempio il verbo (da she is dreaming a she dreamin’). Si tratta effettivamente di un linguaggio che è madre di alcuni termini virali come bussin’baeit’s givingGli AAVE speakers rivendicano la proprietà intellettuale del loro linguaggio sfidando gli utenti di TikTok che, secondo loro, scadono nell’ appropriazione culturale.

Gli AAVE speakers sostengono che il loro dialetto sia sminuito e impoverito nel contesto social perché non traspare il bagaglio socio-culturale e storico che porta con sé. Forse però questa guerra potrebbe trasformarsi in un sodalizio: ciò che unisce l’AAVE allo slang sulla piattaforma di TikTok è proprio l’autenticità, un approccio diretto e una comunità affezionata. Questi valori non possono che essere positivi se vengono presi come spunto fino a raggiungere un vasto pubblico. 

Slang e identità: quando le parole creano comunità

La tendenza a creare un linguaggio privato per rafforzare l’identità di un determinato gruppo di persone è più che naturale. Ci si riconosce, si stabiliscono legami forti tenuti insieme da memorie comuni e un vocabolario ad hoc. Lo rende particolarmente esplicito Natalia Ginzburg nel suo romanzo Lessico familiare, nel quale emerge quanta storia raccontino i vocaboli comuni ad una famiglia. Succede anche nelle coppie, nei gruppi di amici, tra colleghi. Questo lessico speciale denota intimità tra componenti e per questo lo si custodisce gelosamente. Nel mondo dei social però mantenere un gergo privato è complicato, anzi, tanti influencer tentano di raggiungere la fama proprio coniando nuove espressioni virali.

In che modo il marketing può farsi strada in questa giungla?

Il rischio per gli addetti ai lavori del mondo del marketing è quello di risultare poco autentici nell’utilizzo di termini slang estrapolandoli dai contesti di nascita. È caldamente sconsigliato inseguire trend all’impazzata: si rischierebbe di entrare nella ruota del criceto che corre senza raggiungere mai la meta, esaurendo l’energia in tempi rapidi. La comunicazione inoltre ne perderebbe in termini di qualità del contenuto. Vuoi saperne di più sul linguaggio dei giovani? Dai un'occhiata al nostro articolo dedicato allo slang giovanile.

Non è possibile costruire una content strategy solamente attraverso i trend; tuttavia rimanere aggiornati e all’avanguardia, con una consapevolezza ben definita rispetto alla propria identità, consente di filtrare ciò che è utile da ciò che non lo è. L’umana inclinazione allo sviluppo creativo del linguaggio è un fenomeno interessante e stimolante, che andrebbe osservato e compreso, non solamente sfruttato. 

 

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