Il Community Management è l’underdog della comunicazione. Se gestito bene, può diventare l’asso nella manica di una Digital Strategy a prova di algoritmo.
Obiettivo community: il Sacro Graal dei Content Manager
E che sia fedelissima, reattiva e coinvolta. Per crearla serve un mix di soft e hard skill per niente scontati, da costruire ed esercitare: c’è tanto intuito, vero, ma ci sono soprattutto un know-how solido, esperienza delle più svariate situazioni e una strategia ponderata.
Soft skill: una parabola (ma vera)
La mamma di un’amica di un’amica (breve pausa così lo puoi rileggere) ha un account Instagram seguito da circa 1400 follower. Pubblica foto dei suoi 9 adorabili gattoni, di fiori colorati e di tutto ciò che la appassiona.
Ha una media di 52 commenti per contenuto e un Engagement Rate del 27%.
Ora, qui non si tratta del semplice rapporto: pochi follower = tanto engagement perché bastano una manciata di commenti a far salire il KPI. Da Content Manager a Content Manager: quante volte ci strappiamo le meningi per racimolare commenti? Quante ore passiamo a costruire il perfetto-copy-acchiappa-like? Come fa la mamma di un’amica di un’amica (®️) a fare questi numeri con gatti, fiori e anatroccoli?
La domanda mi devasta.
Eppure la risposta è piuttosto semplice, ed è nella sua sezione commenti. La creator risponde a tutti, e non con un paio di striminziti cuoricini: troviamo fino a 4 righe di commento dove spiega che il gatto in foto è ormai cresciuto, che è un combinaguai, che la fa diventare matta. Contestualizza, empatizza e chiede sempre una domanda di ritorno che spinge l’interlocutore a tornare sul contenuto e risponderle.
In breve: costruisce relazioni.
La mamma di un’amica di un’amica (®️) coltiva il suo orticello (=network) con costanza e dedizione, parla con i suoi follower, non a loro. Ciò che lei fa intuitivamente, nel modo più corretto per la sua piccola community, noi dobbiamo evolverlo e declinarlo per settori, esigenze, momenti e obiettivi, proprio come fanno due volti noti dell’attuale panorama digital: Duolingo e Ryanair.
Hard skill: i mostri sacri del panorama digitale contemporaneo
Zaria Parvez, il gufo dell’app per l’apprendimento linguistico, è la pioniera del ToV brat che caratterizza il brand su TikTok e che ha segnato l’inizio di una nuova era per il community management. Parvez afferma:
“In a way, a brand account going ‘rogue’ is an interesting tension point that captivates the attention of the audience.” — Intervista per University of Oregon
Come trova i suoi insight? Social listening costante e analisi delle sezioni commenti, utilizzandole come fossero dei “social brief”. Camilla Macchia, invece, è l’ex SMM di Ryanair Italia e ha portato l’approccio Parvez sull’account italiano della compagnia low cost. Racconta:
“Su TikTok, è necessario riuscire a creare una reazione nell’utente [...]. Per farlo, abbiamo sviluppato un personaggio (un aereo con gli occhi) che si interfaccia con l’audience come se fosse un creator. Questo permette all’utente di interagire non con un brand, ma con un personaggio reale.” — Intervista per Piano Social
La nostra sfida, quindi, è far sentire una community di migliaia di persone importante e coccolata quanto l’orticello della mamma e intrattenuta quanto quella di Duolingo e Ryanair.
Perché e come fare (bene) Community Management
Partiamo dalle basi tecniche. ll CM si fa per:
- Costruire fiducia e lealtà all’interno della community;
- Ottenere feedback diretti e genuini su prodotti e servizi, migliorando l’ascolto;
- Umanizzare il volto del brand, facendo percepire dietro le quinte la presenza (non scontata) di veri esseri umani;
- Generare User Generated Content costante e di valore.
Inoltre, punto importantissimo e troppo sottovalutato, il CM può arginare crisi di comunicazione. Un lancio di prodotto andato male, un cliente insoddisfatto che commenta sotto ogni tuo post minando la tua reputation, lo scivolone pubblico di un dipendente: è nei commenti che si giocano le partite più importanti per il brand.
Bestie Talk e priorità all’esperienza del pubblico
La traccia suprema per sviluppare il Tone of Voice - da regolare quindi in base alla tipologia di cliente, obiettivi e target - è quella del Bestie Talk, conversazione tra amici.
Trattiamo gli utenti con la stessa empatia e l’ascolto che riserveremmo a un nostro caro amico. L’obiettivo è creare una connessione percepita come reale e personale dalla community: le risposte sono proattive e personalizzate, reagiscono agli input della community e, soprattutto, matchano la loro energia.
L’approccio cambia anche in base alla piattaforma in cui ci si trova:
- più chiari e rassicuranti su Facebook, dove il pubblico cerca conferme e supporto;
- più coinvolgenti e propositivi su Instagram, dove è più difficile far commentare gli utenti;
- più pop-referenced e scalmanati su TikTok, dove la community apprezza le cit, lo slang di nicchia e un tov più spicy. Zero compiacenza qui, solo (ragionata) umanità.
E se arrivano gli haters? Haters gonna hate, I’m just gonna shake their feelings (semi cit.)
Niente spiazza di più un leone da tastiera che una risposta dalla gentilezza (o dall’ironia) direttamente proporzionale alla sua maleducazione. E quando poi gli altri utenti ti danno manforte? Adoriamo fortissimo.
E se arrivano gli haters che hanno ragione?
Si tratta di Crisis Management. Niente panico: ascolta, consulta il cliente e offri disponibilità massima al chiarimento. Sii presente e non sparire, in nessun caso: fai sentire che ci sei, che ci stai lavorando. Insomma, anche qui si applica il Bestie Talk.
E quando va tutto bene? Te la godi.
Il favoloso mondo della sezione commenti di TikTok
Su TikTok il Community Management ha preso vita propria. La sezione commenti è diventata parte integrante dei contenuti, non c’è limite a ciò che può succedere lì dentro. Ci sono brand che commentano contenuti apparentemente a caso:
Utenti che, su richiesta del creator, si immedesimano in periodi storici o stereotipi costruendo sezioni commenti a tema:
E sezioni commenti che prendono vita propria, indipendentemente dal TikTok che commentano, trasformando il contenuto in… una sagra (termine tecnico):
La sezione commenti è diventata intrattenimento puro. Le conversazioni più dinamiche, i trend più interessanti, la microlingua più utilizzata: è tutto qui.
Ma come fa un brand a sfruttare questo magico mondo per la sua awareness? Giocando su 4 fattori:
- tempestività: essere quasi ovunque, spesso;
- proattività: inserirsi nei video di tendenza prima che vada di moda. O almeno prima che non ti legga più nessuno;
- poliedricità: il pubblico ha diversi interessi, e il brand dev’essere presente anche in questi. La nostra bolla non basta più: dobbiamo essere estremamente curiosi;
- umanità: di supporto quando c’è un problema, gasati quando c’è da festeggiare, punzecchianti quando c’è da incuriosire. La giusta dose di empatia, al momento giusto.
Il Community Management non è un lavoro da stagisti, ma non perché non ne sono capaci: perché richiede skill da imparare, sangue freddo da allenare, pazienza ed esperienza nel gestire le più balzane o razionali lamentele, criticità e richieste. Il Community Manager è la voce del brand: usala bene, e tutti la vorranno ascoltare.