Timido, prudente o coraggioso?
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No, non è un test per scoprire a quale personaggio di The Office assomigli di più: è il tipo di approccio che puoi scegliere in fase di rebranding. In questo articolo parleremo di come impostare e ottenere un rebranding - neanche a dirlo - bold.
Cos’è, perché e come si fa il rebranding.
Partiamo da un presupposto filosofico, che ci sta sempre: tutto evolve, cambia, detta alla Saporedimale.
I brand si inseriscono in contesti mutevoli, umani, e in quanto tali devono essere in grado di cambiare assieme a ciò che li circonda. Possibilmente, anticipando le tendenze e non soltanto adattandosi a quello che succede.
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Il rebranding è un’azione di marketing che ha l’obiettivo di modificare il posizionamento di un marchio o la sua percezione.
Sono tutti quei cambiamenti strategici che contribuiscono alla ridefinizione del brand, dei suoi valori e dei suoi prodotti e servizi, e le ragioni che possono portare a intraprendere questo processo sono molteplici: il mercato si è evoluto, l’azienda è cresciuta o si è fusa con un’altra, è cambiato il target di riferimento o c’era bisogno di uno svecchiamento generale.
Attenzione: è una cosa che devi volere sul serio. Dovrai porti - e porre - una miriade di domande, andare a scavare nel profondo del subconscio del brand e tirarne fuori temi e concetti che non si sapeva neanche fossero lì. Sarà un percorso stimolante, adrenalinico e a tratti estenuante. Il primo consiglio? Fai pace con i retake. È giusto che ogni particolare venga studiato, analizzato, distrutto e ricostruito fino a sfiorare la perfezione. Ci vorranno tempo, pazienza e cuore.
Qui trovi una potenziale scaletta per procedere in modo ordinato:
- Definisci gli obiettivi e la strategia da seguire.
- Analizza il brand con cura: com’è percepito dal pubblico, dai clienti, dal board; cosa fa e cosa non fa; cosa vorrebbe fare e chi vorrebbe essere. Non lasciare nulla di non detto.
- Pianifica le spese (perché ci sono sempre delle spese).
- Scegli cosa non cambiare.
- Comunica i cambiamenti al momento giusto: non vuoi che tutto il tuo lavoro venga messo in secondo piano da avvenimenti secondari.
Una sola regola: se funziona bene, non cambiarlo. Evolvilo.
E l’effetto wow?
Impossibile prescindere da questa richiesta: se il rebranding a cui ti stai affacciando è uno di quelli a 360°, di quelli che hanno l’animo rivoluzionario, che vogliono risvegliare un brand da un letargo lungo e profondo e rivoltarlo come un calzino nella lavasciuga, bisogna sorprendere. E per sorprendere, serve coraggio.
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A NOI PIACE COSÌ
In we-go, quando ripensiamo l’identità di un brand, non cerchiamo soltanto di allinearla a mission e vision del marchio.
Tentiamo sempre di darle qualcosa in più, di inserire quella componente innovativa, unica e irripetibile che renda il brand riconoscibile su larga scala e che lo porti a realizzare gli obiettivi che si era è posto. Le tendenze ci piacciono, le seguiamo e le studiamo, ma sono solo un punto di partenza per raccontare una storia tutta nuova utilizzando metodi narrativi originali, inaspettati ed efficaci.
Anticipare il mercato non è cosa da tutti i giorni: servono analisi precise, uno studio approfondito di ciò che già esiste - e funziona - e la consapevolezza che sarà necessario rischiare un po’. Per l’effetto wow non ci si può fermare alle cose corrette: corretto non è abbastanza. Che gli output del rebranding siano giusti è scontato, quello a cui serviamo noi (e anche tu, se sei qui) è che siano degli output che sappiano tirare il marchio fuori dalla massa.
Cambiamenti di questo genere comportano delle sfide e, per affrontarle, sono necessarie audacia e consapevolezza. Audacia, perché dovrai guidare il brand in un vortice di tendenze e innovazioni tenendo comunque bene a mente le sue esigenze. Consapevolezza, perché lo scopo del rebranding non è soltanto estetico, bensì funzionale a chi è il brand e come vuole inserirsi nel mondo. È una formula matematica dalle proprietà creative: modificando gli addendi, il risultato cambia ma l’effetto è sempre wow.
E se quel wow poggia su dei dati precisi e una strategia solida, il marchio in questione avrà tutti gli strumenti per raggiungere i suoi obiettivi.
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Non sarà sempre una scampagnata fra amici
Ma lo spirito dovrebbe essere quello. Alla base di un buon rebranding c’è il coinvolgimento generale di tutti i componenti dell’azienda: la percezione interna del marchio è una parte fondamentale del processo. Questo significa anche, però, unire dei punti di vista a volte lontani, a volte opposti. Tante teste con tante idee e tanti approcci diversi dovranno mettersi a confronto e allenare le loro doti di mediazione (a tratti, anche di meditazione) per arrivare a un punto comune e lavorarci poi insieme.
Alla fine, però, vi guarderete indietro fra occhi lucidi, pacche reciproche sulle spalle e risate liberatorie, direte che figata e andrete a bervi un meritatissimo aperitivo pagato dal/la CEO.
4 esempi di rebranding belli belli
Dopo tante belle parole che speriamo sappiano aiutarti a farti le domande giuste, gustiamoci gli occhi con degli esempi di rebranding che trasudano genialità da ogni gradiente.
Tavernello
Il vino in cartone che si è trasformato in fenomeno pop: il caso Tavernello è uno di quei rebranding dall’ironia coraggiosa, fresca e tanto giusta da sembrare semplice. Le chiavi di questo successo? La consapevolezza di sé e della percezione del brand all’esterno, aspetti sui quali hanno giocato senza porsi limiti.
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Barbie
Il perfetto esempio di un rebranding che non si è soltanto preso cura dell’immagine del brand, ma dell’evoluzione della sua mission al passo con gli sviluppi e i cambiamenti del mondo che lo circonda. Da stereotipo a simbolo di empowerment femminile, a un certo punto della sua storia il marchio Barbie si è trovato scollato dal mercato e ha intrapreso un percorso di ridefinizione finissimo, con il coraggio (e la necessità) di ripensarsi da zero.
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Sanremo
Staccarsi dalla tradizione per attrarre un nuovo target, facendolo sentire parte di qualcosa di più grande. Il rebranding del Festival della canzone italiana è ancora in atto, ma il suo inizio risale al 2017, con Claudio Baglioni: la selezione di cantanti, ospiti e interventi si è fatta sempre più funzionale all’obiettivo e i risultati parlano da sé - vedi Fantasanremo e uno share del 54,4% nell’edizione del 2022.
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Lidl
Da cheap a familiare, passando per un paio di scarpe blu e gialle a 12,99 euro. Il rebranding di Lidl insegna che nulla è impossibile con la strategia e l’analisi di mercato giuste, ma soprattutto coordinando ogni aspetto del brand: dall’effetto esclusività della linea di abbigliamento, ai colori dei punti vendita più sobri e vicini all’idea di famiglia - da giallo/blu a grigio/marrone -, al nuovo claim “Lidl è per te!”, fino alla sponsorizzazione della Nazionale Italiana di Calcio e all’introduzione di prodotti tipici non tradizionali con la settimana della Grecia, della Spagna e degli States.
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Bold è meglio
Siamo di parte, non c’è dubbio, ma ci crediamo davvero.
Fra un rebranding temerario ma tortuoso, dove ostacoli e sfide sono all’ordine del giorno e un rebranding da manuale, non abbiamo alcun dubbio. E tu?