Scopri come organizzare una produzione di successo. Metodi, consigli e best practices per affrontare ogni dettaglio e ottenere risultati di alta qualità.
Per la buona riuscita di una produzione fotografica o video sono determinanti il metodo e l’affiatamento della squadra. Nulla si sostituisce all’esperienza diretta nell’affinamento del metodo: se non l’errore, quantomeno gli imprevisti rimangono sempre una possibilità, ma la maggior parte delle volte si può farvi fronte e sono comunque importanti occasioni per imparare. Sull’affiatamento invece si può influire con la propria sensibilità e il giusto atteggiamento. Se dobbiamo però scegliere una singola parola da ricordare come un mantra, questa è “preparare, preparare, preparare!”.
Il progetto di produzione si divide in tre fasi fondamentali: pre-produzione, produzione, post-produzione. Ogni fase funziona tanto bene quanto bene è stata condotta la precedente.
La fase di pre-produzione: obiettivi chiari e patti lunghi
Nella fase di pre-produzione viene creato un concetto, o idea, su cui deve esserci accordo con il committente. Su questa base concettuale vengono costruiti i documenti relativi al tipo di produzione da affrontare: shooting list, moodboard e scaletta per i servizi fotografici; soggetto, sceneggiatura, script ed eventualmente storyboard e trattamento per quanto concerne le produzioni video.
Al di là degli aspetti formali di ognuno di questi documenti, lo scopo è fondamentalmente quello di essere sempre ben allineati con il cliente sugli obiettivi, creare aspettative realistiche e organizzare la macchina di produzione abilitando il lavoro di tutti con una chiara comunicazione interna.
È quindi di assoluta importanza il coinvolgimento del team operativo ben prima della produzione, si tratti di fotografi o videomaker, regista, etc. ognuno deve avere perfettamente chiaro come muoversi per portare a casa il miglior lavoro possibile all’interno dei tempi e del budget.
Per questo la produzione dei documenti a carico della coppia creativa, o più spesso dell’art director, deve adattarsi alle esigenze del progetto e non viceversa: per un film di trattamento saranno fondamentali delle reference di produzione, un servizio di still life richiederà bozzetti delle composizioni e una moodboard, per una narrazione video servirà uno storyboard e la scaletta dei dialoghi e così via.
L’esperienza insegna anche a comporre il team giusto per il lavoro che si sta definendo, tenendo sempre in considerazione il budget. Chi guida una produzione deve saper dialogare con figure importanti e diverse tra loro in base al tipo di produzione e ai costi: comparse e attori, make up artist, fonici di presa diretta, gaffer, assistenti di produzione, regista, direttore della fotografia, dronista, stylist, etc.
Dovendo potenzialmente interfacciarsi con professionisti dalle specializzazioni più diverse, diventa quindi un grande vantaggio conoscere le tecniche che verranno utilizzate e poter parlare efficacemente con un gergo comune.
Una questione meno scontata dipende molto dal proprio stile, ma mi sento di condividere questo approccio personale: il progetto è la somma del lavoro di tante persone, per puntare all’eccellenza è fondamentale che tutte si sentano in prima persona coinvolte e non solo “messe in campo”. Come? Chiedendo il loro parere, e considerandolo davvero. Raccogliere la visione e l’esperienza di professionisti diversi può solo migliorare il prodotto, e fa sentire tutti più partecipi. Consideriamolo un esercizio di ascolto e leadership situazionale.
Di un’ultima questione di pre-produzione si parla troppo poco quanto facilmente ci si può inciampare: non vanno scordati gli aspetti collaterali come logistica, pause, cibo e bevande, meteo, prenotazioni e permessi. Non c’è scaletta che tenga se non si prendono in considerazione i tempi di spostamento e le pause, e nessuno lavora bene se ha dormito male, è troppo caldo e non ha da bere regolarmente dell’acqua fresca, o non si sente al sicuro.
Fase di produzione: attenzione e cura ai dettagli
Arrivati al momento della produzione le qualità fondamentali sono invece sangue freddo, lucidità e buona comunicazione. I tempi sono stretti, i margini di errore minimi, è un momento di naturale stress psicologico che bisogna saper gestire. Non tutto è prevedibile e avere in tasca un piano B per le questioni più critiche fornisce una certa serenità.
La fase di produzione richiede il massimo della capacità di attenzione per curare tutti i dettagli significativi per il prodotto finito: location, styling, illuminazione, la fotografia in generale e la completezza del materiale raccolto per il montaggio successivo. È un momento in cui bisogna anche saper interpretare le emozioni degli altri, mediare conflitti e porsi in maniera rassicurante.
In produzione ci è di grande aiuto aver costruito il lessico del mestiere: dobbiamo poter descrivere con le parole giuste i movimenti di camera, gli stili di illuminazione, i campi cinematografici, le caratteristiche ottiche e tutto il resto per migliorare il risultato e risolvere problemi. La luce è troppo dura? Servirà diffusione, una fonte più ampia o più vicina. Non spicca il brand sul prodotto? Dovremo intervenire sulla compressione dello sfondo con un’ottica più stretta o introdurre una soluzione coinvolgendo il focus puller.
Nulla di tutto ciò si può mettere in atto senza appoggiarsi ad una affidabile scaletta temporale e lista di soggetti/scene da raccogliere, che rimangono bene in vista di art, regista e/o fotografo per tutta la giornata. Non c'è in genere tempo per "fare una prova” il giorno della produzione, la scaletta funge così da monito costante sulla bontà del ritmo raggiunto come in una gara. Se pensate che questo metta ansia, sappiate che non avere una scaletta è molto più pericoloso che averne una stretta.
Cosa fa un art director sul set? Comunica tutto il tempo. Se c'è un regista, valuta assieme a lui la buona riuscita in corso d’opera, tiene sotto controllo le criticità e i tempi, propone soluzioni ai problemi, è di riferimento per scelte di dettaglio sullo styling e in generale per il cliente presente. Per questo è un’ottima cosa che la produzione doti una seconda regia di monitoraggio audio e video in tempo reale.
La fase di post (produzione): gli errori da evitare
Qualcuno urla “it’s a wrap!” e tutti esultano: la giornata è finita con successo e siamo tutti stanchi ma felici. Questa celebrazione è sacra, ma l’indomani bisogna ricordare che il lavoro non è finito.
Per una post-produzione senza sorprese è fondamentale aver lavorato bene nelle fasi precedenti, avendo per esempio girato tutto il materiale necessario con ordine, e avendo risolto in produzione i problemi che in post-produzione richiederebbero dieci volte il tempo per un risultato magari mediocre. L’esposizione degli scatti era corretta per una singola posa o sono stati prodotti scatti da comporre? Erano stati definiti il profilo colore e gli altri aspetti tecnici del girato?
Senza scendere troppo nel tecnico, due sono gli errori principali che ci faranno accumulare ritardi e karma negativo:
- rimandare un problema di produzione dicendo “tanto poi lo correggiamo in post”
- consegnare il materiale senza spiegazioni a chi si deve occupare di fotoritocco o montaggio
E ne aggiungiamo un terzo che se non vale l’inferno garantisce comunque una bella dose di purgatorio: non mettere i numeri di revisione alle consegne. Non vergogniamoci di raggiungere alte cifre, dalla quattordicesima “_rev” in poi il problema non siamo noi.